Minor copertura nevosa in primavera

A causa del riscaldamento globale si sta rilevando anche una minor copertura nevosa in primavera per l’emisfero settentrionale.

Questo è ben evidente ormai dai dati satellitari degli ultimi 50 anni resi disponibili dalla NOAA. In primavera la neve sparisce prima del previsto e in certi casi manco si manifesta più.

Nonostante la variabilità annuale (come la presenza o meno di El Nino o l’AO, oscillazione artica) il trend è ormai negativo per quanto riguarda la dama bianca.

Il 2023 è stato il 5°anno consecutivo con un deficit di neve rispetto alla media del 1981-2020. Se ci togliamo il 2017, si arriva a quasi 20 anni con un’anomalia negativa di neve.

Estensione della neve nella primavera astronomica (aprile-giugno) ogni anno rispetto alla media 1981-2010. Gli anni con manto nevoso superiore alla media sono blu-verdi, mentre gli anni con manto nevoso inferiore alla media sono marroni. Grafico di NOAA Climate.gov

Tra il 1967 e il 2023 la copertura nevosa è diminuita dell’1,3% per decennio ad Aprile , addirittura del 4% sempre nello stesso range di tempo per il mese di maggio e se si guarda giugno si arriva al quasi 13%.

Tra queste vediamo una rapida fusione attorno l’Artico, dove l’estensione, la durata, la profondità del manto nevoso e dell’acqua imagazzinata è in netto calo sia nel comporto euroasiatico che in quello nordamericano.

Il territorio innevato sta diminuendo più rapidamente a giugno, un mese in cui, storicamente, Siberia, Alaska e Canada settentrionale rimanevano parzialmente coperti di neve. 

Ma se guardiamo nella nostra piccola scala anche i ghiacciai alpini sono sempre più soffocati dal generale aumento delle temperature, con lo zero termico che arriva anche oltre i 4000m in pieno inverno (valore che sarebbe anomalo anche in estate).

In mappa sono indicate in marrone le aree dove i giorni di copertura nevosa sono diminuiti fino a 3 giorni in 10 anni mentre in blu-verde le zone dove sono aumentate fino a 3 giorni tra il 1972-2023. Fonte NOAA climate.gov

Cosa comporta questo?

Circa un terzo della superficie terrestre è coperta dalla neve per un periodo dell’anno.

La copertura nevosa ha un importante impatto sul clima globale, per l’effetto albedo in quanto riflette in tutte le direzioni la radiazione solare a differenza delle aree che non hanno questa “coperta bianca”.

Questo significa che dove non c’è più neve il territorio è costretto ad assorbire una maggiore quantità di luce e quindi calore. Questo comporta un riscoppio vegetativo e un risveglio anticipato della natura.

A scala locale è determinante questo per i gestori delle riserve idriche e gli agricoltori fortemente interessati dalla fusione neve. La fusione anticipata può modificare i tempi e la quantità di acqua disponibile per vari usi.

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Federico Baggiani

Mi occupo di divulgazione scientifica nel campo della meteorologia, con attenzione particolare per temporali e fenomeni estremi. Gestisco i canali social di Tornado in Italia, Meteo in Italia e Meteopisano.

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